CULTURA DI MASSA E SOFT POWER - LE ORIGINI DELLA GEOPOLITICA

 

DI GIUSEPPE FARINA



                                                                                                                                                   

                                                                                

       E alla fine è arrivato anche il Green Pass! No, tranquillizzatevi; non intendiamo ammorbarvi con un'ulteriore pubblicazione relativa alla contestatissima autorizzazione che occorre esibire, a pena dell'impossibilità di accedere a locali pubblici e luoghi di socialità del più disparato genere: è, infatti, opinione di chi scrive che ciascun lettore di questo blog e non solo avrà già da tempo, in esito ad una personale valutazione, consolidato le proprie convinzioni in merito all'argomento in questione che dunque non vuol essere tema di una nuova riflessione in questo pezzo, sebbene evidentemente l'incipit dello stesso lasci sufficientemente trasparire l'orientamento maturato dal suo autore.

    Malgrado ciò, la spinosa contrapposizione concernente il lasciapassare offre l'irrinunciabile spunto a trattare una materia che sovente nell'analisi affannosa della geopolitica, volta a rincorrere e magari precorrere la dinamica degli eventi nei quattro angoli del Pianeta, trascura l'esposizione dei rudimenti basilari nella comprensione della stessa, così da accantonare paradossalmente uno dei pilastri fondamentali su cui essa poggia, ossia il cosiddetto soft power, in modo particolare, quello esercitato in Occidente: come si correla quest'ultimo con il Coronavirus? Ebbene, lungi dal voler in una qualunque maniera suffragare tesi che lettori superficiali potrebbero spacciare come complottiste, chiunque abbia seguito l'evolvere delle situazioni legate alla gestione dell'emergenza sanitaria, non avrà potuto non cogliere, nella propria osservazione, un dato saliente riscontrabile, pressoché esclusivamente, nel mondo occidentale, vale a dire quello dell'isteria collettiva: se, da un lato, l'opinione pubblica internazionale ha assistito ad una diffusione capillare del Covid-19 anche nei meandri più remoti del Pianeta, tanto da attraversare trasversalmente i diversi continenti - basti pensare all'imposizione del lockdown severissimo in Argentina, ai successi iniziali in Indonesia nei confronti della pandemia poi clamorosamente messi a repentaglio dal governo o all'assunzione di atteggiamenti improntati al perseguimento di una via alternativa nella negletta, a giudizio degli organi di informazione, Svezia - dall'altro, non c'è alcun dubbio che soltanto nei Paesi occidentali abbia dilagato una vera e propria psicosi che ha indotto la grande maggioranza della popolazione ad esprimere terrore di fronte all'avanzata del virus e a credere che la propria sopravvivenza fosse concretamente minacciata da un agente patogeno che ha "raggiunto" un tasso di mortalità non superiore a quello dell'influenza stagionale per le persone fino ai sessant'anni e che si è rivelato realmente pericoloso soltanto per gli ultrasessantenni; perché abbiamo assistito ad una simile divaricazione tra Nazioni occidentali e resto dell'umanità presso la quale la campagna mediatica non è stata certamente meno martellante che in Occidente? La risposta rimanda a considerazioni di carattere generale: ogni individuo che abbia accumulato un'esperienza, anche minima, di viaggi all'estero, già prima del Covid-19, non poteva non rendersi conto dell'enorme differenza intercorrente tra società occidentale e resto del mondo, prevenendo di omettere in quest'ultimo pure gli Stati dell'Europa centro-orientale, dal momento che non è oggettivamente possibile annoverarli nelle fila delle Nazioni appartenenti all'Occidente, a dispetto della loro collocazione geopolitica; del resto, dopo aver compiuto una rapida visita in città quali Praga o Varsavia oppure a Budapest, si può ben comprendere quale distanza separi il nostro vivere quotidiano dal consesso civile di siffatte aree geografiche: in queste realtà, i messaggi lanciati dal Potere, che pure assumono carattere incessante non meno che ad Ovest dell'Elba, non scalfiscono l'uomo della strada che nonostante non pervenga ad una contestazione dello status quo denota anzi una sorta di impermeabilità al plagio condotto da governi e comitati tecnici più o meno organici ai primi. Quindi, a cosa è dovuta tale differenza che, senza voler tracimare in ambiti non di nostra competenza, assume quasi un contorno antropologico? Sebbene, com'è intuibile, la tematica risulti straordinariamente ampia e complessa, giungendo ad una sua estrema semplificazione, potremmo rispondere affermando che la suddetta differenza sia stata data dagli anni Sessanta e Settanta, ossia da quel periodo storico del secolo scorso che condusse ad un mutamento forse irreversibile della nostra società, ottenuto mediante sdoganamento sessuale, relativismo etico e soprattutto a seguito dell'ingresso dell'apparecchio televisivo nelle case di ogni abitante dei Paesi occidentali, così da veicolare quotidianamente e in maniera quasi subliminale un florilegio di messaggi politici, sociali e culturali che altrimenti, nelle modalità consuete e tradizionali della formazione del consenso politico, sarebbero risultati irricevibili per la quasi totalità della platea cui essi erano rivolti; inoltre, tutto questo si andava ad aggiungere ad un contesto circostante già in progressivo sgretolamento: prescindendo da una ricostruzione storico-politica esulante dagli interessi trattati in questa sede, con i relativi riferimenti alla Rivoluzione culturale in Cina, alle agitazioni di Berkley e al Sessantotto parigino, che possono rilevare, in questa analisi, soltanto nella misura in cui  a loro volta attestano la capacità manipolatoria del Potere, laddove le masse giovanili dell'epoca erano protestatarie perché ad esse veniva inculcato il concetto di protesta in opposizione all'ordine borghese come le masse giovanili attuali belano all'interno di movimenti come quello delle Sardine, anch'esso portato di manipolazioni superiori, ci si accorge come dietro slogan quali: "Vogliamo tutto e subito" o "Vogliamo il pane e anche le rose" si celasse l'imprimatur e pure una vera e propria regia di quegli potentati che gradualmente ci hanno consegnato nelle grinfie della società liquida. E se i mandanti di questa deviazione storica sono intuibili, perlomeno a coloro che hanno seguito sillogismi e dati su questo blog, gli autori materiali di questa sorta di delitto perfetto rimangono nella penombra, seppure soltanto fino a un certo punto: esiste, infatti, una considerazione che può far luce sugli aspetti torbidi di quest'epoca e consiste nell'autentica inondazione di droga che contraddistinse quegli anni, dato che l'Italia e gli altri Paesi occidentali osservarono l'arrivo di un fiume di narcotici che andarono a stordire la gioventù e ad incidere nelle dinamiche e nei conflitti di quella società come non sarebbe mai stato possibile immaginare prima di allora, in una prospettiva di attuazione di un esperimento di ingegneria sociale del tutto inaudito nella storia del genere umano; in questo contesto, il narcotraffico rappresenta un indizio formidabile, essendo di pubblico dominio ormai - alla luce delle numerose e inquietanti rivelazioni emerse nel corso del tempo - il fatto che a manovrare questo gigantesco flusso di stupefacenti ci fossero i servizi segreti angloamericani e, nello specifico, CIA e MI5. L'Italia, oggi come allora, costituisce una pedina indispensabile sullo scacchiere internazionale per Washington e Londra e dalla consapevolezza della centralità italica discendeva l'esigenza di disporre di un potentissimo strumento di controllo sociale quale quello offerto dalla droga.

              Ma se il carattere inedito dell'uso di un metodo completamente sconosciuto fino a quegli                      anni, almeno nelle proporzioni che tragicamente conobbero i giovani degli anni Settanta, dato che          l'impiego di sostanze stupefacenti in grado di alterare il comportamento umano era già noto in        misura significativa persino nel Seicento, l'efficacia e la teorizzazione delle tecniche di                      manipolazione sociale hanno origini lontane e affondano le proprie radici, all'interno del mondo                 anglosassone, fin dagli albori della società britannica, almeno come l'abbiamo conosciuta ancora ai         giorni nostri: per comprendere il soft power è, infatti, necessario tornare all'epilogo della Seconda          Rivoluzione Inglese, che sancisce l'avvento al potere definitivo e irreversibile in Gran Bretagna               della borghesia quale ceto dominante proiettato in una dimensione moderna da declinare              nell'ambito    delle esigenze di uno Stato imperiale alle prese con il confronto geopolitico di quel secolo con Francia e Spagna. Nel nuovo ceto borghese al potere subentra rapidamente la consapevolezza di come onde affrontare le problematiche e le insidie di una nuova epoca, non bastassero più gli instrumentum regni adoperati dai potenti della Terra fino a quel periodo e, dunque, bisognasse promuovere una nuova sistemazione delle pratiche di governo, mediante il ricorso a idee e suggestioni mai tentate in precedenza; del resto, alcuni passi pregnanti erano stati già compiuti in tempi non sospetti e le teorie proposte da Adam Smith con la "Mano invisibile del Mercato", con Hobbes e la sua strenua difesa della proprietà privata in contrapposizione alla teoria di Bodin dello Stato quale membra  unite in un unico corpo, e principalmente da Malthus, con la sua novità riguardante il depopolamento degli Stati, avevano contribuito a gettare fondamenta eccezionali all'inedita entità statuale che si voleva concepire e vieppiù al nuovo ordine sociale che nel tempo si mirava a costruire: in particolare, Malthus, nella sua contorta idea di ridurre una popolazione per la quale, a suo dire, non esistevano risorse sufficienti, avanzò già in quel periodo proposte fin troppo chiare. Egli sostenne la necessità, laddove la consistenza demografica eccedesse in base al limite da lui individuato con appositi schemi matematici, di favorire il conseguimento delle sue aberranti idee, tramite il ricorso ad eventi bellici - come poi analogamente suggerì a distanza di qualche secolo pure Marinetti in Italia - oppure mediante la diffusione di virus e agenti patogeni (sic) oppure ancora attraverso l'incentivo a comportamenti legittimanti la promiscuità sociale e sessuale, così da allontanare le persone dalla loro naturale funzione tesa alla procreazione della specie; tuttavia, malgrado la formulazione di queste idee già contenesse in nuce tutte quelle che erano le prospettive che si intendeva perseguire da parte della nuova classe dominante e del ceto politico e governativo ad essa correlato, prescindeva ancora a quel tempo un'ulteriore sistemazione che conferisse il necessario carattere organico a tali proposte che emergevano e si andavano inarrestabilmente diffondendo nelle stanze dei bottoni a Londra, ma che rimanevano slegate tra di esse e incapaci di dare un seguito reale alla visione sociale e culturale che progressivamente iniziavano a delineare: ad ovviare a questo problema e a dirimere le aporie che pure non potevano certo prescindere nel tentativo di dare sistematicità alle nuove proposte, avanzate in quell'epoca, provvide Francis Bacon, grazie soprattutto alla sua geniale intuizione che condusse alla fondazione della Royal Society of Science. Bacon mise assieme, nella sua visione della scienza contrapposta alla stessa che nel medesimo periodo stava formulando Galilei in Italia, le teorie salienti nel Regno Unito e specialmente fonde, in un'unica categoria filosofica, le idee di Smith e Malthus, sebbene fu la sua creatura, come detto la Royal Society of Science, a definire le tecniche indispensabili al governo dello Stato e del mondo e quest'ultima divise gli sforzi profusi in una duplice branca rivolti, da un lato, ad uno sviluppo, per così dire, tecnologico e scientifico indirizzato sia all'esplorazione geografica del Pianeta di cui si iniziava in quegli anni a comprendere l'estensione e la ricchezza, sia allo studio di armamenti e risorse belliche da utilizzare nelle sempre più probabili guerre da combattere a mano a mano che si scopriva il mondo; del resto, sarebbe stato inutile esplorare il Pianeta se dopo non ci fosse stata la relativa certezza di poter effettuare conquiste. Dall'altro, la Royal Society of science cominciò a seguire anche un nuovo percorso di studi, vale a dire quello delle tecniche di manipolazione sociale e per il controllo dei popoli: in tale ottica, gli scienziati britannici iniziarono per primi a teorizzare quelle proposte con le quali esercitare il plagio delle menti e le deviazioni dei comportamenti collettivi, all'interno di un determinato Paese allo scopo di stabilizzare oppure di arrecare scompiglio, in relazione alle contingenti esigenze. Da questo punto di vista, l'impiego di sostanze stupefacenti rappresentò uno dei molteplici risultati ottenuti da un organismo che soltanto apparentemente perseguiva finalità filantropiche e pedagogiche, ma che in realtà era legato a doppio filo alle indicazioni e agli input provenienti tanto dalla Corona britannica quanto dal governo inglese; gli esiti nefasti della lotta politica in Italia e gli sconvolgimenti che dilaniano il mondo a livello globale costituiscono, in una misura certamente tutt'altro che trascurabile, diretta conseguenza anche e principalmente di quanto fatto all'interno del mondo scientifico anglosassone, nella sua indissolubile correlazione con la politica imperiale britannica.

    La crisi che il nostro Paese e con esso l'umanità stanno oggi attraversando derivano dalla latitanza nell'affrontare queste tematiche e nella relativa necessità di dirimere le questioni ad esse connesse: qualunque partito politico o personaggio pubblico che vorrà tentare il rilancio del Paese e una nuova fioritura delle relazioni internazionali non potrò in alcun modo prescindere da queste considerazioni e conseguentemente dovrà muovere dalla consapevolezza che preliminarmente all'adozione di qualsiasi azione politica e alla definizione di un qualunque progetto di governo servirà sviluppare un programma culturale di ampio respiro, attorno al quale prendere le mosse  per promuovere la ricostruzione nazionale: qualora dovesse prescindere tale presa di coscienza, ogni sforzo indirizzato alla rinascita italiana e, forse, internazionale non potrà che infrangersi contro il muro del "sapere scientifico", oggi assurto più che mai, nell'età del Covid-19, al rango di nuova Verità. 




 

Commenti

  1. Lo speciale rema sui termini noti del tema dissertato può risolversi come una equazione indeterminata.
    Pertanto, nei concetti d'interesse nella specie oggetto di studio trae luogo il seguente esposto:

    X (esplorare+conquistare) + Y (sapere scientifico+politica) = 0 (nuova Verità)

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