Cosa cela la crisi migratoria tra Bielorussia e Polonia
DI GIUSEPPE FARINA
Persone sperdute, affamate, confuse; bambini a piedi sul ciglio della strada, gente arrangiata in ripari improvvisati per trovare scampo dalla morsa del gelo o delle intemperie: quante volte a casa, seduti sul divano, o in un bar a sgranocchiare un panino davanti ai nostri occhi scorrono le immagini di migranti in fuga dalla loro precedente vita per cercarne una nuova in Paesi agognati per la loro prosperità ma che respingono i flussi migratori indipendentemente dalla biografia di questi individui e dal loro vissuto? Inesorabilmente questi resoconti forniti dai mass media ingenerano nella netta maggioranza della popolazione un’assuefazione che poi tracima nell’indifferenza nei confronti di questi diseredati: nel giudizio dell’uomo della
strada i migranti sono tutti uguali e, da un punto di vista strettamente socio-economico, con ogni probabilità egli ha ragione nel formulare questa opinione; tuttavia, come dimostrano gli avvenimenti di questi ultimi giorni, non tutte le migrazioni sono uguali, almeno per coloro che seguono la dinamica della geopolitica: tale considerazione si rivela particolarmente autentica in relazione al tentativo di un’ampia moltitudine di migranti, giunti in circostanze ancora da chiarire all’interno del territorio bielorusso onde poter arrivare, percorrendo l’indispensabile corridoio polacco, nei sospirati confini dell’UE e in modo particolare in Germania. Si tratta in realtà di un evento non imprevisto nè imprevedibile per chi avesse seguito il verificarsi di analoghe situazioni già nel corso dei mesi estivi, allorquando all’epoca furono gli Stati baltici, soprattutto Lettonia e Lituania, a lamentare l’afflusso incontrollato di persone provenienti per lo più dal Medio Oriente in misura tale da poter condurre al collasso di già precarie infrastrutture sanitarie e logistiche certamente non concepite con la previsione di accogliere migliaia di uomini, donne e bambini bisognosi di ogni genere di assistenza; tuttavia, se in quella occasione ci si limitó in ambito europeo ad una sostanziale scrollata di spalle, data l’inconsistenza politica e militare delle piccole repubbliche ex sovietiche, tanto da esortare Riga e Vilnius a non esimere i propri apparati di accoglienza dall’assolvimento del relativo dovere umanitario, con lo spostamento della direzione di fuga dei migranti verso la Polonia la situazione è radicalmente cambiata: quello di Varsavia è uno Stato grande, popoloso e soprattutto impossibile da trascurare, considerato il suo imprescindibile peso all’interno tanto della comunità europea quanto ancor più nell’ambito della NATO, di cui rappresenta un pilastro insostituibile nonché partner privilegiato del governo USA. Nel momento in cui la massa di migranti ha intrapreso la marcia verso il confine polacco, la crisi ha immediatamente assunto agli onori della cronaca internazionale come evento di prioritaria importanza e le Capitali occidentali e i più eminenti leader politici hanno compattamente preso le difese di Varsavia: gli alleati della Polonia hanno rapidamente derubricato questa massa di rifugiati da individui necessitanti di soccorso internazionale a strumento di guerra ibrida combattuta da Minsk, a sua volta eterodiretta dalla perfida mano del nemico russo: in questa sede non parleremo della tragedia di queste persone - perché di tragedia si tratta, nonostante lo sforzo massiccio per distogliere l’attenzione dal tema principale e il giudizio di chi scrive è facilmente desumibile da queste parole - ma si tenterà di risalire alle cause che hanno condotto ad un confronto tanto aspro e ancor più di descrivere lo spostamento di quei baricentri geopolitici che costituiscono l’autentica origine dello scontro fra Minsk e Varsavia.
A tal proposito, anche se chi scrive si rende conto di come quest’espressione assuma sovente toni insopportabili, VE LO AVEVAMO DETTO! In numerosi precedenti articoli di questo blog, si è proceduto a illustrare come un repentino e inarrestabile avvento di un regime multilaterale internazionale fosse già avvenuto: quello di cui forse non ci si era immediatamente resi conto era che tale inedito regime avrebbe prodotto conseguenze non ordinarie ( del resto, lo stesso Putin aveva parlato in termini espliciti di prossime reazioni asimmetriche della Russia di fronte alle provocazioni occidentali); in definitiva, questa situazione suscita clamore perché rappresenta un inedito per noi in Europa, ma probabilmente si tratta anche di una circostanza alla quale dovremo abituarci. Per molti anni, gli esecutivi NATO in virtù dell’unilateralismo americano ancora vigente, avevano assunto la consuetudine di prendere - perdonate il concetto molto crudo - a calci in bocca il governo russo nella certezza più o meno assoluta di non patire alcuna reazione da parte di Mosca a fronte della propria crescente ostilità: tale deriva, com’è noto a chi segue anche un minimo la politica internazionale, ha favorito l’assunzione di dilaganti atteggiamenti russofobi che a loro volta hanno condotto ad una progressiva escalation nei rapporti con la Russia; nel nostro piccolo, su questo blog, abbiamo a più riprese ammonito sulle nefaste conseguenze che questa russofobia avrebbe causato e i fatti non ci hanno smentito. Nella furia della loro inesauribile offensiva all’indirizzo del governo russo, gli USA hanno finito con il materializzare il loro pericolo più temuto, ossia quello “dell’Impero del Vecchio Mondo”, come sa chi conosce la teoria di Mackinder cui questo blog fa riferimento: questa criminale miopia politica ha spinto la Russia fra le braccia dei Cinesi, così da assistere alla formazione, seppure ancora allo stato embrionale e con mille eterogeneità e contraddizioni, di un blocco sino-russo allargato ad altri protagonisti regionali quali Iran e Turchia che a questo punto ha preso le redini a livello mondiale soppiantando il sempre più fragile Impero americano; gli effetti sono sotto gli occhi di tutti. Mosca non soltanto reagisce al tentativo di accerchiamento della NATO, ma si appresta a dettare sempre più legge sullo scenario internazionale e a mettere in riga governi europei comunque recalcitranti a concedere legittimità all’azione politica russa nel consueto delirio di una loro presunta superiorità morale. Dunque, la crisi migratoria cui assistiamo scaturisce dal nuovo regime multilaterale tante volte qui descritto (anche la Cina ha a sua volta mollato la Germania e appare in procinto di compiere nuove mosse, ma di questo chi scrive si riserva di parlare in altra occasione) e, se da qui a qualche mese l’opinione pubblica registrerà ulteriori focolai di tensione, la causa non sarà difficile da individuare.

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