Tensioni nel Caucaso Meridionale: Il Monastero di David Gareia


di Alessio Marini

Nell’ultimo quarto del 2020 si è ricominciato a parlare di Caucaso meridionale a livello internazionale, a seguito della Seconda Guerra del Nagorno Karabakh/Artsakh. Il conflitto scoppiato tra Armenia e Azerbaijan nel settembre del 2020 ha riacceso i riflettori su quell’area che da tempo cercava una valvola di sfogo per le tensioni che dalla dissoluzione dell’Unione Sovietica covano tra le repubbliche indipendenti che si trovano in quella regione così importante per la geopolitica degli idrocarburi. La guerra in questione è terminata con una vittoria per Baku, con il cessate il fuoco che è entrato in vigore il 10 novembre del 2020 dopo 45 giorni di conflitto, a seguito anche della mediazione del presidente russo Putin, che ha sicuramente giocato il suo ruolo di pacificatore, ruolo sicuramente determinato dall’importanza strategica della regione per il Cremlino.

Un'altra disputa di confine della zona, ma meno nota a livello internazionale, è quella tra Georgia e Azerbaijan, disputa legata al complesso monastico di David Gareia.  Nel 1996 è cominciata la delimitazione degli attuali confini internazionali tra Georgia e Azerbaijan ad opera di una commissione intergovernativa bilaterale georgiano-azera e al giorno d’oggi risulta delimitato ufficialmente solo il 66 % del confine tra le due nazioni caucasiche.

Il complesso monastico di David Gareia è stato fondato da San Davide, uno dei 13 missionari cristiani arrivati ​​in Georgia dalla Mesopotamia nel VI secolo. La maggior parte del complesso si trova nella Georgia orientale, nella regione di Kakheti ed è composto da 19 monasteri medievali, costruiti sulle pendici del Monte Gareia. Anche se la Georgia è stata invasa e divisa numerose volte, il territorio di David Gareia è sempre rimasto entro i suoi confini politici fino a quando a seguito della politica di delimitazione delle nazionalità di Joseph Stalin degli anni '20, fu cambiato il confine della Georgia, lasciando una parte del complesso sotto la giurisdizione della Repubblica Sovietica dell'Azerbaijan, i territori dei monasteri di Chichkhituri, Bertubani e Udabno, ed è attualmente sotto il governo di Baku.

Questa particolare controversia crea tensioni, minando le relazioni di buon vicinato tra Georgia e Azerbaijan e minacciando ulteriormente la fragile stabilità nel Caucaso meridionale. Infatti, più volte i due paesi hanno rischiato l’escalation politica e militare a seguito di diverse dichiarazioni o azioni che somo state intraprese da una parte o dall’altra. Un esempio di questo possono essere le dichiarazioni di Salomé Zourabichvili, presidente della Georgia dal 2018. La stessa infatti nel marzo del 2019 durante una visita in Azerbaijan discusse proprio in merito delimitazioni dei confini tra i due stati e ad aprile dello stesso anno, proprio durante una visita nei territori monastici, ha chiesto di progredire più velocemente nella divisione delle terre a confine e una rapida demarcazione del sito religioso stesso. A seguito di queste affermazioni da parte della politica georgiana, si è avuta una dura reazione da parte degli azeri, anche perché secondo Baku non esiste altra realtà se non quella che vede parti del territorio monastico legittimamente sotto il suo potere politico. La reazione di Baku è stata quella di chiudere, prima della pasqua ortodossa di quell’anno, l’accesso al territorio azero a sacerdoti, monaci e in generale ai georgiani, riaprendo la zona solo tre giorni dopo. Immediatamente i ministeri degli Affari Esteri dei due paesi si sono incontrati per evitare l’escalation e hanno assunto immediatamente una posizione moderata a livello politico, atta a limitare i fomentatori populisti di ambo le parti. Nell’ottobre del 2020 due membri georgiani della commissione statale incaricata di delimitare il confine della Georgia con l'Azerbaigian sono stati arrestati dall'ufficio del procuratore capo di Tbilisi. I detenuti sono il capo del dipartimento per le relazioni di confine con i paesi vicini del ministero degli Affari Esteri della Georgia, Iveri Melashvili, e un ispettore senior del dipartimento di protezione delle frontiere del ministero degli Affari Interni, Natalia Ilichova. Le accuse nei loro confronti sono di aver nascosto delle mappe storiche del 1938 e aver utilizzato una mappa del 1970 nel processo di demarcazione del confine e avrebbero fatto perdere 35 chilometri quadrati alla Georgia. I due accusati si sono rivolti il 20 aprile del 2020 alla Corte Europea dei Diritti Umani, proprio per denunciare il loro arresto, che a detta loro è stato irragionevole e politicizzato.

Ma è possibile, alla luce dei nuovi sviluppi in Nagorno Karabakh, un accrescimento delle tensioni a livello militare tra Baku e Tbilisi?

Al giorno d’oggi la Georgia non può permettersi di andare ad intensificare le tensioni con l’Azerbaijan, poiché la sua posizione nell’area è la meno favorevole, con due zone di conflitto con la Russia, in Abkhazia e Ossezia del Sud, un Azerbaijan sostenuto economicamente e militarmente dalla Turchia, che mette in evidenza un evidente gap militare a sfavore di Tbilisi.

In passato, nonostante le amicizie a livello politico tra le élite dei due paesi, un eventuale scambio territoriale fu rifiutato per due volte. Infatti, l'ex presidente georgiano Eduard Shevardnadze offrì uno scambio all’allora presidente azerbaigiano Heydar Aliyev, proponendo di dare all'Azerbaigian quattro volte più terra in cambio delle parti di monastero site in territorio azero, ma Baku rifiutò. La stessa proposta è stata fatta di nuovo nel 2007 dall'allora presidente georgiano Mikhail Saakashvili, e respinta ancora una volta dall’attuale presidente azerbaigiano, Ilham Aliyev.

Progetti importanti, come gli oleodotti Baku-Tbilisi-Ceyhan (BTC) e Baku-Supsa e la ferrovia Baku-Tbilisi-Kars (BTK), e i vantaggi economici a essi collegati, hanno unito Georgia e Azerbaijan in una stretta partnership strategica, che ha reso la questione dei confini meno importante e non di immediata importanza.

Tuttavia, prima o poi, Tbilisi dovrà offrire una soluzione ragionevole a Baku. Il processo di delimitazione e demarcazione deve essere sostenuto da una strategia globale e ben ponderata, accettabile per entrambe le parti. Baku deve anche tenere presente che il suo partenariato strategico con Tbilisi è una strada a doppio senso che richiede buona volontà e compromesso. Un accordo tra i due paesi gioverebbe ad entrambi, una minore pressione per Baku che gli permetta di non perdere un importante vicino in Caucaso e soprattutto lo sbocco sul Mar Nero per il suo gas, mentre per Tbilisi la risoluzione di questa problematica si risolverebbe in un eventuale ed ulteriore avvicinamento alla Nato, poiché finché esistono dispute territoriali, la sua adesione non potrà essere presa in considerazione per un eventuale ingresso nell’Organizzazione del Trattato dell'Atlantico del Nord.

Resta da vedere se Tbilisi e Baku potranno raggiungere un compromesso sufficiente per entrambi o se avrà luogo un’azione unilaterale che configuri il casus belli del conflitto nella zona.






Commenti

  1. Accurata analisi geopolitica con importanti considerazioni sugli strategici risvolti economici e politici di una delle aree del Caucaso, quella meridionale, a piu' alto rischio di conflittualita' bellica.

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  2. Interessante focus su un'area geopolitica molto delicata e interessata da conflitti religiosi, politici ed economici.

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  3. Articolo tematico di settore che, aprendo al Caucaso del Sud, una delle più turbolenti zone calde del mondo, ne attenziona l'alto indice del rischio conflittuale. La contesa è costituita dal complesso monastico di დავითგარეჯის სამონასტრო კომპლექსი, che, proprio perché in parte situato lungo la sottile linea rossa del confine politico tra Georgia e Repubblica dell'Azerbaigian, rappresenta il più grosso vincolo alla realizzazione del processo di delimitazione e demarcazione di una sezione estesa per 166 km sui 480 totali del confine tra i due Paesi, che peraltro hanno dimostrato intenzioni pacifiche nella corretta determinazione dei confini e hanno chiaramente sottolineato consensi sul processo in atto, considerando gli antichi legami preesistenti tra loro, ma certo, come dalle accurate, intelligenti osservazioni analitiche prodotte in focus al seguito dei nuovi sviluppi in Nagorno Karabakh, la Georgia con due zone (Abkhazia e Ossezia meridionale) di conflitto con la Federazione russa, e un Azerbaijan sostenuto da Ankara, in un divario anche militare non vantaggioso per Tbilisi, si evince che la strada da percorrere è ancora lunga, attualmente impervia ed irta di ostacoli, ma che un sufficiente compromesso degli Attori nell’evitabile in quanto temibile, casus belli si rileva nella piena consapevolezza che anche se non si cammina con lo stesso passo, di sicuro si cammina per una stessa via che serpeggia lungo le pendici di una quanto mai delicata linea rossa di confine.

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  4. Commenti interessanti quanto l'esposizione presentata.

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