La rotta del Mare del Nord, sfide e potenzialità per la Federazione Russa
Di Alessio Marini
La Dichiarazione di Ottawa del 1996 ha istituito il
Consiglio Artico, con l’obiettivo di promuovere la cooperazione, il
coordinamento e l'interazione tra i cosiddetti “stati artici”, con il
coinvolgimento delle comunità indigene artiche e di altri abitanti dell'Artico
su questioni come lo sviluppo sostenibile e la protezione ambientale. Il
Consiglio ha condotto studi sui cambiamenti climatici, sul petrolio e il gas e
anche sulla navigazione artica. Gli stati membri sono il Canada, la Danimarca
in rappresentanza della Groenlandia, la Finlandia, l’Islanda, la Norvegia, la Svezia,
gli Stati Uniti e la Russia.
Fino dall'inizio del 21° secolo, i paesi artici avevano scarso interesse per le aree
che si trovavano oltre le loro zone economiche. Ma a seguito di uno studio
del 2008 dello United States Geological Survey sulle riserve di petrolio e gas
naturale non scoperte, ma tecnicamente recuperabili nell'Artico, si è stimato
che queste ammonterebbero a circa 90 miliardi di barili di petrolio e 50
trilioni di metri cubi di gas. Le riserve di petrolio stimate sulla
piattaforma artica russa, secondo il Ministero delle Risorse Naturali e dell'Ambiente
della Federazione Russa, ammonterebbero a 12,3
miliardi di barili e 13,19 trilioni di metri cubi di gas.
Ovviamente il recupero di questi idrocarburi ha anche
difficoltà tecniche e costi che al momento sono abbastanza elevati. La Shell,
operante nel mare dei Čukči, ha speso circa 8 miliardi di dollari per
l'esplorazione, con risultati molto modesti. Essendo questo livello dei
costi attuali, solo i giacimenti con riserve superiori a 200 milioni di
tonnellate sono redditizi e nel caso della piattaforma russa, che è anche la
meno studiata ed esplorata, servirebbe più certezza nelle zone da ricercare e
poter sfruttare economicamente. Risulta logico che l'estrazione delle riserve
dalla piattaforma artica sarà redditizia solo con lo sviluppo appropriato delle
tecnologie e una riduzione dei costi di produzione.
La piattaforma artica, nonostante il temporaneo
rallentamento dei progetti dovuto al prezzo del petrolio, resta una direzione
strategica di sviluppo tanto che la Russia sta già producendo petrolio nella
zona. Finora, nella sua zona economica e non lontano dalla costa, la prima
piattaforma artica stazionaria russa opera nel giacimento di Prirazlomnoye, che
si trova nel Mare della Pečora, la parte a sud est del mare di Barents. La
produzione sul campo è iniziata nel dicembre 2013. Nel 2014 il giacimento ha
prodotto circa 2,2 milioni di barili di petrolio, mentre nel novembre del 2015 è
stata estratta la milionesima tonnellata del primo petrolio artico russo.
Oltre al petrolio e lo sfruttamento degli idrocarburi, l’Artico
rappresenta una via alternativa per trasportare beni dall’Asia al Nord Europa. La
cosiddetta crisi del Canale di Suez, nel marzo del 2020, ha reso pubblico come sia
facile bloccare il mercato globale, creando ancora tutt’oggi ripercussioni, che
stanno gravando sulla situazione già tragica del trasporto globale, anche a
seguito dell’epidemia da Covid-19.
Se infatti, lo sviluppo su larga scala dei giacimenti di
petrolio e gas sulla piattaforma artica è una questione a medio lungo termine,
lo sviluppo delle rotte commerciali e delle relative infrastrutture nella zona
artica russa è già in corso.
Nell’Impero Russo già nel XVI secolo c’era l’idea di sviluppare la rotta marittima del nord. Ma il periodo di massimo splendore delle mire artiche è stato durante l'era sovietica. Nel 1960, il primo rompighiaccio a propulsione nucleare, il Lenin, apparve nell'Artico. Negli anni '80, il volume di traffico lungo la rotta del Mare del Nord era di circa 6-8 milioni di tonnellate di merci all'anno. Con il crollo dell’Unione Sovietica, i trasporti lungo la rotta artica sono diventati praticamente nulli, ma stanno diventando più attivi negli ultimi anni. Tutto questo è facilitato anche dal riscaldamento globale del clima. Infatti il limite del ghiaccio perenne si sta ritirando e alcuni scienziati prevedono che entro il 2050 la navigazione lungo la rotta artica potrebbe essere possibile per tutto l'anno. Prima della crisi globale, causata dall’epidemia da Covid-19 venivano trasportati circa 2,5 milioni di tonnellate di merci lungo la rotta del Mare del Nord all'anno.
L’interesse per la rotta artica è già stato dimostrato, non
solo dalle compagnie russe che operano nell'Artico e nell'Estremo Oriente, ma
anche da Cina, Giappone e Corea del Sud, che vogliono trovare
un'alternativa al Canale di Suez. Come detto in precedenza, i fatti di marzo
2020 potranno solo aumentare l’interesse verso lo sviluppo commerciale di
questa zona. Se nel 2009 solo due navi mercantili sotto bandiera straniera
hanno navigato tra l'Europa e l'Asia attraverso le acque settentrionali della
Russia, nel 2011 sono state 34 e nel 2015 ben 715, afferma il dipartimento
marittimo dell'Amministrazione della rotta del mare del Nord. Alcuni dati del Gruppo
del Programma di Protezione dell'Ambiente Marino Artico riportano come il
totale di tutte le imbarcazioni che ha percorso la rotta artica nel 2019 è
stato di 1628.
La Russia intende investire attivamente nello sviluppo della
sua zona artica. Alcuni progetti possono diventare dei veri e propri
motori per lo sviluppo di quei territori troppo lontani dalle rotte terrestri
verso l’Europa e che si trovano agli estremi della Federazione Russa e troppo
lontani dal denaro di Mosca o San Pietroburgo. Un esempio di questo è la Repubblica
di Sacha-Jacuzia, che diventerà un territorio pilota per la creazione di una
zona di supporto per il trasporto e l’economia dell'Artico. Intanto, la Jacuzia
ha iniziato a gettare le basi per aggiornare ed ampliare i progetti minerari
nelle sue regioni che si affacciano sul Mar Glaciale Artico, come la produzione
di idrocarburi nella regione di Anabar, l’estrazione di stagno nella regione di
Ust'-Janskij, lo sviluppo dei giacimenti d'oro nel nord-est della Repubblica,
lo sviluppo del porto marittimo di Tiksi e quello fluviale di Zelenomysk.
Lo sviluppo commerciale della rotta del Mare del Nord risulta
essere un progetto in cui la partecipazione è interessante per gli investitori
di un gran numero di paesi, non solo per la Russia, che sicuramente ne trarrà
un gran vantaggio economico e una grande leva politica, e questo argomento
diventerà oggetto di seri negoziati internazionali nei prossimi anni. L’eventuale
fortuna della rotta sarà possibile solo dati diversi fattori. Il primo fattore
che dovrà essere implementato è lo sviluppo di un sistema di navi rompighiaccio
che fungano da apripista nei mesi più rigidi e che diano sicurezza alle
portacontainer, abituate ai caldi oceani meridionali. Nell’ottobre del 2020 è
entrata in servizio una nuova rompighiaccio a propulsione atomica facente parte della
Classe LK-60Ja, che sostituirà la precedente classe di rompighiaccio Arktika,
con navi più potenti in grado di farsi strada tra banchi di ghiaccio spessi
fino a 3 metri; il secondo fattore che avrà una grande influenza sarà il
costo totale del trasporto, prezzi più bassi rispetto alle rotte tradizionali
che passano per il canale di Suez aumenteranno a livello globale l’attrattività
della rotta artica; il terzo fattore è lo sviluppo di combustibili
ecocompatibili. Infatti, lo sviluppo di una zona fragile come l’Artico non può
cominciare senza prestare attenzione all’ecosistema. Anche la possibile
creazione di aree marine protette nell'Artico è un prerequisito fondamentale per
mantenere la stabilità ambientale nella zona, e conseguentemente in tutto il
mondo, senza però precludere lo sviluppo dell’area artica, che risulta inevitabile
negli anni a venire.


Esposizione curata ed attenta sui futuri miglioramenti che possono interessare le rotte di navigazione più estreme interessanti le zone artiche al fine dello sviluppo sostenibile e della protezione ambientale di tutta l'Area e non solo.
RispondiEliminaLavoro espositivo di alto valore aggiunto con accurati risvolti analitici dei confronti delle rappresentazioni e dei progetti geopolitici del molto fragile mondo artico cartografato dall’Autore, che può polarizzare interessanti aspetti conferenti alla rotta del Mare del Nord peraltro di grande interesse per gli aspetti rivolti all’ecosistema da preservare e allo sviluppo finale di migliori prodotti combustibili ecocompatibili.
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