Panturchismo e Bayraktar, una sfida alla stabilità geopolitica del Centro Asia

Di Alessio Marini


Il Panturchismo è un’ideologia nazionalista e sciovinista, secondo la quale tutti i popoli che parlano lingue turche, e soprattutto quelli di religione musulmana, dovrebbero riunirsi sotto la guida di Ankara.

Inizialmente l’ideologia del panturchismo, all'inizio del XIX e XX secolo, si sviluppò come una sovrapposizione al turchismo, ovvero il nazionalismo borghese turco che si limitava geograficamente alla penisola anatolica, ma dopo la Rivoluzione del 1908, per le tendenze reazionarie del Comitato Unione e Progresso, il partito politico dei Giovani Turchi, il panturchismo iniziò a prevalere sul turchismo e alla vigilia della Prima Guerra Mondiale lo eclissò completamente, tanto da diventare il principale mezzo di propaganda per i Giovani Turchi a favore del coinvolgimento nella Prima Guerra Mondiale, e venne anche attivamente propagato da alcuni partiti nazionalisti borghesi e movimenti politici nell'Asia centrale, nella Ciscaucasia e Transcaucasia, che cercavano di deviare i lavoratori dalla lotta rivoluzionaria per combattere i bolscevichi nei distretti periferici del paese, ma con l’avvento del potere sovietico questi movimenti politici vennero completamente liquidati.

Il panturchismo fu anche respinto dai leader della Rivoluzione Kemalista, che, avendo accettato le basi del turchismo, definirono il paese come nazionalista ma limitando la visione politica ai confini della Turchia. Tuttavia, dopo la morte di Kemal Atatürk, e specialmente durante la Seconda Guerra Mondiale, i turchi divennero più attivi, stabilirono stretti legami con i tedeschi, e praticamente trasformarono il panturchismo in una varietà turca di nazifascismo. Dopo la Seconda Guerra Mondiale, il panturchismo fu usato dai circoli reazionari in Turchia come uno dei principali mezzi della politica anticomunista.

Dopo il crollo dell'URSS, l'ideologia del panturchismo iniziò a diffondersi nuovamente nelle ex repubbliche sovietiche, concentrandosi sull'idea della necessità di consolidare i popoli turchi, sulla base della loro comunità etnica, culturale e linguistica.

Tuttavia, la storia mostra che i popoli di lingua turca non sono mai stati uniti e anzi hanno persino combattuto e ancora ci sono dei conflitti tra loro. Questo rende di fatto praticamente impossibile l'unificazione di tutte le terre turche.

Lo stesso vale per l'integrazione degli stati turcofoni del Centro Asia con la Turchia, ovvero Kazakistan, Kirghizistan, Tagikistan, Uzbekistan, ma anche il Turkmenistan, che anche dopo il crollo dell'URSS, non hanno avuto fretta di integrarsi né economicamente né politicamente con Ankara. L'unica eccezione è si trova nel Caucaso, infatti in Azerbaigian, le idee del panturchismo sono sostenute dalla popolazione ma per ragioni di strettissima vicinanza culturale tra Baku e Ankara.

Da destra verso sinistra: Recep Tayyip Erdogan, presidente turco, e Devlet Bekhcheli, Leader del Partito del Movimento Nazionalista con in mano una mappa del mondo turco  

Ma cosa sono e cosa c’entrano in tutto ciò i Bayraktar nominati nel titolo?

Il Bayraktar TB2 è un veicolo aereo senza pilota, popolarmente è definito come un drone, in grado di fare operazioni a distanza in modo controllato o autonomo. È prodotto dalla compagnia turca Baykar Makina San. ve Tic.A.Ş., principalmente per le forze armate turche. Lo sviluppo del progetto è iniziato nel 2000, e già nell'estate del 2014 ha battuto il record mondiale tra i veicoli aerei senza pilota per la durata del volo. Nello stesso anno, fu usato per la prima volta durante l'intervento turco contro i curdi nella Turchia orientale.

Ankara sta rapidamente espandendo la geografia delle vendite dei suddetti droni, premendo molto sul mercato degli armamenti nelle regioni dell'Asia centrale e del Medio Oriente, in aperto contrasto con Russia e Cina.

I droni turchi sono stati acquistati dall’Iraq, vengono usati in Libia e in Marocco, ma soprattutto hanno acquisita grande fama nell’attuale conflitto in Ucraina. I droni turchi sono stati mistificati dal governo di Zelensky al pari dei Javelin americani, tanto che è stata dedicata persino una canzone al Bayraktar. In Europa i droni sono stati acquistati, oltre che dall’Ucraina, anche dalla Polonia e i paesi baltici dimostrano sempre più interesse verso questo modello di droni.

Vista l'impressionante geografia delle vendite, che sono sempre più vicine ai confini occidentali e meridionali della Russia, i Bayraktar TB2 si stanno trasformando da semplice soft power di Ankara in un vero strumento di geopolitica e forte influenza turca, su aree di interesse per Mosca.

La geopolitica del Bayraktar è utilizzata dalla Turchia come grande leva per il progetto panturco e fare di questo proprio uno degli argomenti che può essere sfruttato per rafforzare il Consiglio Turco.  

Il Consiglio Turco, o meglio Organizzazione degli Stati Turchi, è un’organizzazione internazionale che comprende, oltre alla Turchia, l’Azerbaigian, il Kazakistan, il Kirghizistan e l’Uzbekistan, e ha come paesi osservatori l’Ungheria e il Turkmenistan. L’Organizzazione ha come scopo principale quello di garantire la cooperazione globale tra gli stati di lingua turca, oltre che a dare un contributo congiunto per garantire la pace e la stabilità nella regione e in tutto il mondo.

Ovviamente la Turchia ha una visione tutta sua del Consiglio e nelle mire di Erdogan questo è uno strumento politico per acquisire importanza geostrategica nella regione centroasiatica, una regione importante anche per le grandi risorse di materie prime che fanno gola ai turchi, per la vicinanza con la Cina e con la Russia. Ed è proprio in questo contesto che entrano in gioco i Bayraktar e tutta la politica dietro le vendite degli stessi.

Nell’aprile di quest’anno il Tajikistan si è armato di alcuni Bayraktar, diventando nella regione l'ultimo acquirente del famoso drone nonostante le sue controversie di confine con il vicino Kirghizistan, che però è armato con lo stesso drone dal 2021. Dallo stesso anno i Bayraktar vengono usati dal Turkmenistan e anche il Kazakistan, secondo alcune dichiarazioni rilasciate pubblicamente, sembra sia interessato all'acquisto dei droni turchi andando a sostituire i droni cinesi, questo perché è stata vista l’efficacia dei velivoli durante la seconda guerra del Nagorno-Karabakh da parte degli azeri. Per quanto riguarda l’Uzbekistan ancora non ci sono state dichiarazioni da parte di Tashkent su un eventuale acquisto dei droni.

I Bayraktar turchi sono leggeri, economici e molto difficili da intercettare, o almeno questo è quello che la campagna pubblicitaria turca cerca di far vedere al mondo. Nel Karabakh e in Ucraina i turchi stanno utilizzando i media come arma propagandistica, per rafforzare il soft-power della Turchia nel campo delle armi, tecnica usata dai terroristi dello SI in Iraq e in Siria. Gran parte dei successi dell'industria militare turca in termini di droni è praticamente basata su una campagna di PR molto efficace, che viene usata a scopo strategico dai turchi.

Ankara sta cercando in tutti i modi di aumentare la sua influenza sulle repubbliche dell'Asia centrale, e l’odierno panturchismo può essere messo alla pari con altre ideologie estremiste nella regione, soprattutto se viene supportato da un mercato delle armi sfruttato come leva per rafforzare le alleanze nella regione, a discapito della stabilità geopolitica nella zona.

Lo scrivente può desumere che l'espansione futura delle ideologie panturche e delle armi di Ankara che le accompagnano è probabilmente il più forte fattore destabilizzante nelle regioni turcofone dell’Asia Centrale, andando a rompere quegli equilibri tanto flebili che ci sono tra i vari stati nella regione.

Nazioni nemiche ed in contrasto, che vengono armate con questo genere di armi potrebbero trasformare le più o meno intense ostilità della regione, che per ora sono marginali alla sola delimitazione dei confini o a piccole porzioni di territorio tra i vari stati, in un vero e proprio conflitto bellico su larga scala.

Che Ankara stia cercando di usare la strategia del divide et impera sui propri “cugini” centroasiatici?

È possibile che i piani turchi prevedano di armare i vari stati, influenzandoli con l’ideologia del panturchismo, avvicinandoseli politicamente per vendere più droni possibile, ovviamente guadagnarci a livello economico per poi lasciar scatenare un conflitto bellico e in seguito proporsi come ambasciatore per le trattative diplomatiche, come stanno facendo in Ucraina, e andare così a guadagnare un ricco bottino, fatto di territori importantissimi a livello geostrategico e materie prime?  

Ma queste sono solo supposizioni, solo il futuro potrà smentire o confermare questa ipotesi.

Commenti

  1. Articolo molto chiaro e ben fatto!

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  2. Disamina attenta dell'Autore su un aspetto geopolitico di rilevante ipotetico impatto in un futuro supposto. Ottimo!

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  3. Opera interessante nelle ipotesi prospettate dal relatore e che i geopolitici dovrebbero tenere in bella evidenza per tutti i presunti aspetti geostrategici discendenti.

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