Quale energia per l’Italia?
DI GIUSEPPE FARINA
Avviandoci alla conclusione di un 2022 segnato dall’abbrivio di quello che sui libri di Storia del futuro potrebbe essere ricordato come l’inizio drammatico della Terza Guerra Mondiale, chi scrive concede al lettore una pausa dagli ormai quotidiani ed ininterrotti resoconti bellici conditi con crescente frequenza anche da un corollario di episodi e circostanze notevolmente macabre - quali le descrizioni della fine inumana riservata ai cadaveri nelle battaglie - e volge la propria attenzione su di un argomento pure tremendamente attuale negli articoli di giornale come negli immarcescibili dibattiti televisivi, vale a dire quello dell’ approvvigionamento delle fonti di energia e della contestuale produzione elettrica nazionale: per districare l’opinione pubblica nel florilegio di informazioni e notizie sovente appositamente fuorvianti, occorre fare riferimento a quella che a tutt’oggi costituisce la massima autorità in ambito energetico dell’intero panorama italiano, ossia le politiche intraprese dall’ ENI volte ad assolvere la funzione ad esso istituzionalmente demandata; da questo punto di vista, un osservatorio privilegiato consiste nel programma didattico contenuto nel master annuale organizzato dalla medesima società a favore di una ristretta platea di iscritti cui è concesso l’accesso drasticamente limitato al corso e la preliminare iscrizione allo stesso. Malgrado i contenuti del master siano soggetti a vincoli tassativi ed i partecipanti al corso tenuti ad una serie di clausole di riservatezza, com’è ineludibile che avvenga, numerosi dati esposti nel contesto delle lezioni previste finiscono col trapelare e almeno parzialmente divengono di pubblico dominio: il pregio delle stesse consiste infatti nella pressoché assoluta assenza di diplomazia nella trattazione di tematiche sempre estremamente divisive allorquando calate in un qualunque dibattito pubblico laddove, anzitutto, i docenti del corso esprimono la non comune qualità di affermare, senza timore di smentita, la completa incongruità delle attuali politiche green; in particolare, oltre a trattare il quadro politico prescindendo da qualsiasi forma di piaggeria nei suoi confronti, tanto da denunciare come i fondi messi a disposizione con il denaro del contribuente approdino nelle disponibilità di fondazioni che rappresentano una diretta promanazione dei partiti con conseguente deviazione dello stesso in rivoli contabili mai del tutto trasparenti, mettono in risalto come, quand’anche ogni singolo appezzamento terriero ancora disponibile fosse sfruttato allo scopo di installarvi pannelli solari oppure pale eoliche, la produzione di energia rinnovabile da esse scaturente risulterebbe comunque largamente al di sotto della soglia richiesta dalla rete elettrica nazionale così da vincolare le scelte strategiche nazionali alla permanente ricerca di nuovi giacimenti di idrocarburi con cui soddisfare le necessità delle centrali sul territorio nazionale. Pertanto, la prospettiva di un progressivo affrancamento del nostro Paese dalle fonti fossili denuncia tutta la propria contraddittorietà e le relative carenze.
Dopo aver fornito un quadro esauriente della situazione in Italia circa le politiche dell’energia, il master ENI indulge anche nell’analisi di alcune possibili soluzioni onde compiere le scelte opportune per assicurare quella prosperità che solo la certezza di stabili approvvigionamenti può determinare: senza entrare nello specifico di ogni singola proposta avanzata al fine di dirimere tale questione, è fondamentale appuntare l’attenzione su quella che i vertici ENI ritengono la strategia migliore per affrontare i problemi del futuro prossimo e remoto, laddove la prospettiva più concreta appare quella di un massiccio ricorso al carbone cosiddetto di alta qualità con cui è possibile effettuare una significativa riduzione nell’emissione di polvere sottili, tramite l’apposita installazione di filtri, nonché la cattura e il conseguente stoccaggio dell’anidride carbonica rilasciata nell’atmosfera; del resto, ancora oggi questa rimane la soluzione più realistica da adottare in un’ottica di medio e lungo termine. Quindi, si tratta di una soluzione, seppure associata ad altre comprensive della prosecuzione nell’utilizzo del gas come nel ricorso ad altre tecnologie già ampiamente diffuse e conosciute, che consegna al Paese un percorso ben lontano da quello quotidianamente propinato da organi di informazione e esperti cosiddetti certificati propalanti ricette così avveniristiche da dover prescindere da una loro tangibile implementazione se non in un arco temporale pluridecennale; pertanto, le risorse tecnologiche volte ad assecondare l’ottica di una riduzione della CO2 esistono già, ammesso e non concesso che ad essa sia ricollegabile il cambiamento climatico teorizzato sulla scorta di paradigmi ad oggi sottratti ad una qualunque forma di dialettica, tanto da derubricare a ipotesi destituite di ogni fondamento ulteriori cause del tutto esulanti dalla tematica in questione, come asserito da una platea sempre più ampia di scienziati a livello mondiale, seppure tagliati fuori dal dibattito tenuto nei più alti consessi internazionali pregiudicandone la visibilità mediatica e la conseguente divulgazione delle loro argomentazioni: chi scrive registra come il delinearsi di un futuro segnato dalla prospettiva di sacrifici personali e collettivi sempre maggiori, al punto di prevedere limitazioni drastiche finanche alle libertà insopprimibili, induca la popolazione, specialmente quella del Vecchio Continente, ad una rapida uscita dal conformismo imperante (almeno per non doverci sorbire il martellante messaggio green veicolato ad ogni carrellata pubblicitaria della tv) per imboccare una strada che riconduca alla logica e soprattutto favorisca un’autentica tutela del nostro ambiente.


Articolo già in agenda-setting ma con un salience transfer da rendere maggiormente operativo anche con superiori interventi politici finalizzati agli interventi d'interesse per tutti i risvolti economici necessari.
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