Confronto Est-Ovest 2.0

 DI GIUSEPPE FARINA 



                                           


         

Mentre l’Italia giunge al termine del rito elettorale - e chi scrive si augura davvero che esso non si esaurisca in una mera formalità post-democratica, ma che possa concretamente esercitare un peso preponderante sull’orientamento delle future scelte politiche, in modo da rimettere in carreggiata questo Paese prima che esso finisca col deragliare del tutto già nelle prossime settimane - in Europa orientale prosegue l’escalation cui l’opinione pubblica internazionale ha drammaticamente assistito da ormai oltre duecento giorni, seppure sopraffatta e inerme di fronte ad una spirale bellica e di reciproca violenza, oltre che di ostinato mutismo istituzionale, specialmente da parte delle Nazioni europee, declinato nell’ossessione dell’impossibile vittoria dell’Ucraina: lo scrivente, come avrà immancabilmente notato il lettore di questo blog, nelle ultime settimane si è astenuto dalla redazione di nuovi pezzi e dalla loro relativa pubblicazione in una crescente presa di consapevolezza della realtà di una guerra che può condurre l’intera umanità sull’orlo della propria estinzione, sebbene nel nostro tormentato Paese la grande maggioranza delle persone non sembri rendersi effettivamente conto dell’enorme pericolo gravante su ciascuno di noi, così da anteporre il disbrigo delle quotidiane incombenze all’unica vera attività che occorrerebbe intraprendere in questo momento, ossia quello di una tumultuosa contestazione di partiti politici corrotti e succubi del vincolo esterno; del resto, la scelta di non procedere alla pubblicazione di nuovi articoli si è dimostrata scelta accorta e lungimirante e persino, giunti a questo punto del conflitto, inevitabile laddove la cronaca degli eventi metta in luce come la dinamica bellica assuma vieppiù giorno dopo giorno i contorni della trama di un qualche imprevedibile libro noir piuttosto che le evoluzioni tipiche della geopolitica ad ogni livello considerata. 

Iniziata, infatti, come una conflagrazione regionale sottesa ad acclarare la tensione ormai incontenibile fra Russia e Occidente ed in modo particolare fra Russia e USA, il proseguo della guerra ha contribuito a dipanare una matassa ben più intricata di quanto potesse apparire all’abbrivio dell’intervento militare posto in essere dal Cremlino: gli autori di questo blog avevano già posto in risalto, in precedenti occasioni, come Mosca si stesse preparando almeno dal 2014 alla configurazione di tale scenario, quantunque sarebbe più corretto rilevare come sostanzialmente il confronto Est-Ovest non si sia mai realmente esaurito ed abbia anzi proseguito senza soluzione di continuità pure subito dopo la caduta del Muro di Berlino ed in maniera ininterrotta anche nel periodo più buio successivo alla Guerra Fredda per la Russia sotto la tragica guida eltsiniana laddove gli americani non avevano mai smesso di assestare bordate ad una controparte in quella fase storica in totale disarmo; tuttavia oggi ci si rende conto di come la suddetta preparazione abbia conosciuto un’origine più complessa di quanto inizialmente si potesse comprendere. La Russia non si è soltanto limitata ad un riposizionamento verso l’Asia che aveva assunto carattere improcrastinabile laddove i grandi Paesi produttori di energia tradizionalmente seguono la sedimentazione del tessuto manifatturiero, ma in misura significativa si è resa protagonista di questo stesso epocale cambiamento che contribuisce al trasloco definitivo di quel che rimane dell’imprenditoria europea, condannando in tal modo il Vecchio Continente ad un futuro di povertà anche estrema, verso i nuovi siti asiatici: alla luce di quanto emerso a seguito dei recenti summit internazionali, che hanno sancito lo scambio sempre più massiccio nelle transazioni commerciali mondiali, delle singole valute nazionali traspare in controluce come il governo russo abbia agito e a tutt’oggi agisca in stretto concerto con gli altri players globali promotori di siffatta storica iniziativa tale da condurre ad uno spostamento del baricentro di potere globale, vale a dire India e Cina; del resto, Nuova Delhi, con la sua scelta di sostituire i Lloyd's di Londra quali massimi assicuratori degli armatori nel commercio mondiale di greggio, si era già legittimamente scritta al novero delle Potenze da considerare a pieno titolo player planetario. 

Appare evidente come Putin, statista da sempre contraddistinto dalla capacità di pianificare e dall’assunzione di atteggiamenti improntati a grande cautela, ben difficilmente avrebbe azzardato un passaggio tanto impegnativo come quello della guerra in Ucraina se non fosse stato certo di poter reggere l’urto della rappresaglia occidentale e del resto l’inefficacia delle sanzioni contro Mosca attestano non solo la sinergia instaurata fra i tre players asiatici, ossia Cina, India e Russia, ma anche lo stretto coordinamento sulla gestione dei momenti dirimenti di tale rinnovato confronto Est-Ovest; riprova di tutto questo, giunge l’indizione dei referendum in Ucraina per la riunificazione con la Russia: Nuova Delhi e Pechino, all’inizio del conflitto, sembrava che non avrebbero potuto concedere il proprio placet per una mossa tesa ad alimentare il separatismo regionale all’interno di grandi entità statuali, dato che tale circostanza avrebbe potuto costituire un precedente che in futuro potrebbe ritorcersi contro di esse, ma l’irriducibilità americana ad accettare il passaggio dall’unilateralismo al multilateralismo ha obbligato i partner di Mosca ad acconsentire a questo sbocco quale fase ineludibile di un esito ormai palese quale quello del regime multilaterale internazionale. Cina, India e Russia stanno profondendo lo sforzo massimale che prelude la definizione delle nuove regole di partnership nel mondo, prevalentemente basate sull’osservanza del Diritto Internazionale e su previsioni più solidali e inclusive nei confronti degli Stati in ogni angolo del Pianeta; in tale impegno, sono supportate da diverse altre Potenze regionale quali Arabia Saudita, Indonesia, Iran e Turchia, poiché ciascuna di esse esprime ansia di cogliere le opportunità che si dischiuderebbero di fronte ad un mutamento di tali proporzioni. I prossimi giorni diranno quanto tempo ancora occorrerà per arrivare a questo traguardo. 

Commenti

  1. Oh Mahatma hanno ucciso mio figlio che era alto così poco perché io sono induista ed io allora ho ammazzato il musulmano colpevole, ma ora sto tanto male, cosa posso fare per calmare la mia anima?
    Carissimo, fuori dalla città, nelle baraccopoli esterne ci sono molti orfani, scegline uno alto così poco, ma che sia musulmano e fallo seguire nella fede islamica, crescilo come fosse tuo figlio... solo allora, forse, Dio ti perdonerà...

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